Mi chiamo Deran e stanotte ho dormito su un gradino. Sono arrivato in Australia quando avevo 15 anni. Su una nave. Dal Kuwait il viaggio è lungo, ma non fu la durata a spaventarmi: eravamo in mezzo all’oceano, al mare, quello vero, quando la nave su cui viaggiavamo si è rotta. È affondata, un centimetro alla volta, e con lei tutti noi. 250 persone amalgamate in un vortice di onde. 114 non ci sono più. 114 anime uccise da false speranze. Distrutte nell’attesa dei soccorsi. Ho sognato a lungo quelle scene devastanti. Ho chiuso gli occhi ogni notte, per ore, rivivendo quei momenti assurdi. Mi sono tagliato. Mi sono tagliato le braccia da solo tutte le sere. Ho guardato il mio sangue e sono stato meglio. Mi faceva stare bene. Vedevo il loro sangue e i loro pianti espandersi nel mare. Poi vedevo il mio e mi sentivo meno in colpa per essermi salvato.
Sono arrivato a Melbourne e ho lavorato come chef. Quando ho perso il lavoro il governo ha iniziato a inviarmi dei soldi: 400$ ogni due settimane. Ho iniziato a fumare seriamente. Ho provato la marijuana sintetica la prima volta quando avevo 15 anni, appena arrivato. Ora ne ho 18 e ho speso ogni singolo centesimo inviatomi dallo Stato per comprare quella roba che mi esalta. Mi fa stare bene credo. Ho lasciato la mia casa: non la posso più pagare. Vivo per strada da quasi un mese e non so se ne uscirò: il mio cervello non riesce più a dire di no a quella sostanza. Con la marijuana c’entra poco: è tutta chimica e assuefazione.
Sophie si è avvicinata a me in un pomeriggio qualunque. Stavo facendo delle barchette di carta. Mi ha chiesto se le insegnavo. È tornata il giorno dopo e poi ancora. Una sera mi ha pagato una notte in ostello: avevo bisogno di fare una doccia e cambiarmi e dormire in un letto vero. Non amo accettare gli aiuti: solo da acune persone, talvolta. Sono andato là e mi sono anche fatto la barba. La mattina dopo mi sono svegliato all’alba: non sono più abituato a dormire più di qualche ora. Sono tornato al solito posto, sul solito gradino. La sera seguente è venuta la polizia. Mi hanno portato in prigione per tre giorni: prendo i soldi del governo e questo mi impedisce di vagabondare per strada. Ma non ho imparato la lezione: appena uscito di lì sono tornato sul solito identico marciapiede. Sophie è stata dura con me: le ho detto che non riuscivo a smettere di comprare e fumare quella roba. Le ho detto che ne avevo bisogno. Non ci ha creduto. Ma ha creduto in me.
Mi chiamo Deran e stanotte ho dormito su un gradino. Per l’ultima volta. Mi è arrivato lo stipendio e non l’ho speso nella droga come sempre. Sono tornato a Geelong, dove abitavo e ho pagato due settimane di affitto. Mi sono cambiato i vestiti e sono andato a cercare lavoro.
Ho scelto "Man on the corner" dei Genesis perché si chiede chi sia quel ragazzo nell'angolo e cosa stia aspettando, che cosa voglia o possa mostrare. Ed è la stessa domanda che mi sono posta io quando l'ho visto e che ha posto lui a se stesso quando ha deciso di muoversi da quel posto.
Mi chiamo Chiara Cuminatto e sono nata il 03/04/1989.
Vivo a Campi Bisenzio (FI) a tratti perché viaggio molto e la mia vita imprevedibile non lascia spazio alla monotonia.
Mi sono laureata in Lettere Moderne all'Università di Firenze nel 2011
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