Queste sono tre delle numerose, numerosissime esperienze vissute in questi mesi australiani dove, nell’emergere di aspetti negativi, si è intravisto un angolo del vero paradiso.
Quando chiedo a chi incontro perché è venuto fin quaggiù, nella risposta più o meno articolata emerge sempre in sottofondo un desiderio di libertà. Mi sento libero perché posso drogarmi, perché sono lontano dai miei genitori, perché posso sballarmi tutte le sere, perché si guadagna bene e posso spendere ciò che voglio, perché posso vivere e godermi ogni momento. Perché posso soddisfare i miei impulsi, i miei istinti, i miei piaceri sessuali, serali, banali.
La scelta di molti nel venire in Australia sta nel voler lasciare la vita, il lavoro, la routine di casa e addentrarsi in una nuova avventura alla ricerca di sballo e felicità. Ma la libertà non è dall’altra parte del mondo, non è nel letto consumato di nascosto, né nell’euforia dei segreti non svelati. Non è nella solitudine delle scelte quotidiane, né nell’immergersi ogni giorno in compagnie appena trovate. Non è nel vagare incessante con gli occhi aperti su una terra da scoprire, né in una pasticca che ti porta a esplorare ogni volta un mondo nuovo. La libertà è rannicchiata all’interno di noi. Per questo può appartenere a chi non può muoversi da un letto d’ospedale o a chi è rinchiuso in una cella. Le libertà di cui dicono di godere le persone che ho incontrato illudono in una confusione che porta ad allontanare quella scelta responsabile di ciò che vogliamo davvero. E qualcuno con il tempo se ne accorge. Si accorge che sta vivendo nel paradiso di chi pensa che la gioia sia frutto di soldi e leggerezza nelle responsabilità.
Non condanno le singole esperienze. Non tutto è negativo nelle piccole grandi decisioni di chi viene fin quaggiù, ma ciò che sfugge è la direzione. L’Australia offre qualcosa che altri Paesi non hanno e forse, ciò che appare un paradiso, lo può essere davvero, ma non è una caratteristica oggettiva di questo continente. La bellezza elogiata e aspirata è racchiusa in un luogo in fondo a questo viaggio, ma tutto ciò che trovi svanisce il suo effetto se non sai come gestirlo. Le gambe allenate non servono se non sai su che strada farle vincere una corsa. Gli oggetti migliori per una costruzione non servono a niente se non sai cosa e come edificare. Le vittorie sulle abitudini, sulle paure, sulle scommesse, sulle distanze, sulle inibizioni interne ed esterne, perdono il proprio potere se non sai dove e come orientare questa tua libertà conquistata. Il sentirsi padrone di ogni scelta impulsiva non rispecchia la vera libertà. Le porte che apre l’Australia e che attirano molte persone hanno un lungo viale da percorrere per essere varcate e il planarvi nel mezzo elogiando questo passo avventuroso non rivela la minima certezza che saprai come e dove andare. Lì è il coraggio, lì è la libertà. Lì è la chiave tra chi resta e chi va: scegliere ed essere padroni di se stessi al punto di avanzare senza errori e passi falsi anche quando inciampi duramente.
Quello che ho scoperto e che ho visto in molti ragazzi incontrati è che anche qui, dall’altra parte del mondo, ti puoi sentire sperso e senza un obiettivo: se non hai imparato a capire ciò che conta davvero per te, ciò che puoi definire un "punto fermo", ciò che ti fa stare bene e ti rende orgoglioso di andare a letto la sera, allora non riuscirai a stare bene davvero ovunque tu sia; ti potrai distrarre, potrai vivere forti emozioni, ma sentirai sempre che manca qualcosa. Il visto scadrà, le cose cambieranno, e quando svaniranno tutte quelle distrazioni abituali ti sentirai perso, un’altra volta. Se vuoi veramente realizzarti nella vita senza lasciare solamente che le giornate passino velocemente, devi capire che il paradiso tanto elogiato non ha davvero un luogo in cui trovarlo, ma appartiene a te e al tuo modo di muoverti ogni giorno.
Personalmente penso che esistano Paesi molto più belli da visitare e culture molto più interessanti da scoprire. L’Australia mi dà una sensazione di vuoto, come se fosse piena di posti e persone a cui manca una storia, una tradizione. Che vivono felici di stare bene, ma mancano di quella forza di gioia vera che scaturisce da chi affronta un dolore, una fatica, un’esperienza forte e sorride mostrando la potenza di quella felicità che esplode da dentro soprattutto quando sembra che tutto vada male.
Vorrei che questo continente ancora bianco fosse riempito di qualcosa di più. Ed è forse questa la cosa più bella dell’essere qui: la possibilità di costruire su un terreno dove posano solo capanne di legno. Vorrei che tutti coloro che ho incontrato, insieme a me, si guardassero negli occhi e si chiedessero cosa in fondo conta davvero. Siamo tutti accomunati da una stessa simile esperienza. Backpakers del mondo. È in questa solitudine comune che sta la vera forza e ricchezza dell’essere qui. La possibilità di unire tutto ciò che abbiamo, le nostre passioni, le nostre storie di Paesi diversi e darci da fare. E allora la distanza dai genitori sarà ricchezza, lo zaino in spalle e il cibo condiviso insegneranno come amare, le droghe offerte dagli amici sembreranno ridicole debolezze. I soldi da giocare al casinò preferirai non duplicarli, ma divertirti a decidere ogni giorno come spendere gli unici che hai. Le persone che camminano con te non avranno più paura di cadere perché certe che quel piccolo avanzare quotidiano si posa sulla determinazione, sull’aiuto reciproco senza condizioni e sull’Amore, che è la prima, unica, vera dimostrazione che sappiamo dove andare e siamo liberi davvero.
"Messico e nuvole" dei Giuliano Palma & the Bluebeaters parla dell'America, e mi trasmette la leggerezza con cui spesso guardiamo a un paese lontano che appare un paradiso irraggiungibile e che invece ha dentro di sé una "faccia triste" concreta e grande.
Mi chiamo Chiara Cuminatto e sono nata il 03/04/1989.
Vivo a Campi Bisenzio (FI) a tratti perché viaggio molto e la mia vita imprevedibile non lascia spazio alla monotonia.
Mi sono laureata in Lettere Moderne all'Università di Firenze nel 2011
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